Archeologia

Archeologia

Le prime notizie storiche su Pietraperzia risalgono  al Paleolitico inferiore,con il ritrovamento in contrada Rancitito di un  cranio appartenente al un "Elephans Anticuus". I primi insediamenti umani risalgono dalla metà del IV millennio  fino alla seconda metà del III° millennio a.C, periodo detto  " Stentitiello" lo testimoniano alcuni frammenti di ceramica ritrovati in contrada Rocche, qui sono stati ritrovati frammenti di ceramiche: tre vasi, e frammenti di Lame. Altri ritrovamenti di reperti storici risalenti ad altri periodi da quello romano a quello greco, si trovano in atre contraade quali: Contrada Olivo, Portella di Matteo, Marano, Bagni e Casazze (dove si trovano resti di insediamenti  Sicani e Greci).

Monte grande


Si eleva per 280 mt. a strapiombio sul fiume Imera che, intorno ad esso, forma un’ ansa di 90° e, poco prima, una contro ansa a ferro di cavallo che forse arretramento dovuto ad opere di un antico porto fluviale; sulla parete striata da stratificazione corrugate di calcare, si aprono gli accessi di cavità carsiche. Sul pianoro superiore un insediamento preistorico dei più antichi, di cui è riconoscibile il percorso di arroccamento, una bella conca pluviometrica, piccole tombe in parete, una cuspide riversa e spezzata in tre parti che precede l’ingresso ad una valletta riparata da tutti i venti il cui microclima favorevole fa prosperare la felce e la frutta.

I misteri di Tornambè e il “phrourion” 

di Cuddaru di Crasto


Si parla di età preistorica, si parla di età del Rame tardo (2600 –2400 a.C.). Alcuni frammenti di questa età, nella loro sottospecie della cultura preistorica siciliana, chiamata di Malpasso (località vicino Calascibetta), sono stati scoperti nell’area archeologica. Si presentano a superficie rossa, lucidata e creata con un impasto grezzo e grossolano. Poi ecco l’età del Bronzo antico (2300 1450 a.C.), che nel caso siciliano prende il nome da Castelluccio, località sita tra Palazzolo Acreide e Noto nella Provincia di Siracusa. E’ una cultura preistorica che si caratterizza per l’uso di tombe a forno senza pozzetto verticale, normalmente situate alle pendici di zone collinari. Inoltre, la ceramica castellucciana è tipicamente a fondo rosso o giallo con decorazioni geometriche nere o brune. A Tornambè – Fastuchera le caratteristiche della facies castellucciana sono perfettamente individuabili nei frammenti trovati nell’area. Tombe a grotti cella bucano diverse pareti di roccia, ricreando un’atmosfera sacra, tipica di ogni luogo legato ai defunti.
Durante l’escursione presso il complesso roccioso, si procede lentamente e ogni passo è una scoperta e uno stupore, soprattutto quando arditamente ci si arrampica su qualche sperone di roccia. La vallata del fiume Salso si distende all’orizzonte e sono facilmente individuabili le località cittadine di Caltanissetta e San Cataldo. Proseguendo e inoltrandosi tra gli stretti sentieri tra le rocce si può notare un grosso muro di pietra a secco.

 Vi sono diverse teorie circa questa costruzione. Si parla dell’opera dei Siculi che, durante, il XV secolo a.C. cacciarono gli indigeni Sicani. Si ipotizza anche che la costruzione sia stata voluta da Dionisio I, Tiranno di Siracusa, durante la guerra greco-cartaginese, volendo creare uno sbarramento tra la Sicilia per l’appunto greca e quella legata all’epicrazia cartaginese. Questa sorta di muraglia difensiva parte proprio dalla Fastuchera per spingersi fino ad Est, in direzione di Gibel el Gabib. La forza strategica del sito di Fastuchera e l’altezza, che gli garantisce una visuale totale sulle vallati, lo ha reso probabilmente un baluardo tra la Sicilia orientale e quella occidentale. Chissà quante genti si incontrarono alle sue pendici e chissà quanti scontri si ebbero a realizzare tra chi viveva lì e chi giungeva da altre terre per invadere e conquistare nuovi territori. Mimetizzata con l’ambiente roccioso, si distende il perimetro circolare di una capanna preistorica, datata ipoteticamente intorno al 2000 a.C..
Infine, alzando lo sguardo alla destra della capanna, ecco le pendici di quello che apparentemente si presenta come uno sperone di roccia, comuni nel territorio di Pietraperzia. In realtà si tratta del famoso “phrourion”, o avamposto d’osservazione, di Cuddaru di Crasto. Sono visibili tracce umane lungo le pareti, dove vi sono tombe a grotti cella con volta a forno, e in sommità, veramente difficile da raggiungere. Chi passava le proprie ore sopra la “fortezza” naturale poteva muoversi su due piani, scavati interamente nella roccia viva. Il primo, più basso, è una terrazza, dove sono presenti tre grosse cisterne. Una delle tre presenta ancora i segni di dove veniva appoggiato il coperchio e, in più, anche la canaletta, ricavata dalla roccia, tramite la quale l’acqua piovana si versava dentro. Per salire al piano più alto v’è una scala intagliata nella pietra, perfettamente conservata. Raggiunta la sommità sono presenti dei vani, probabilmente ad uso di vedette. 

Le Rocche


Ritornando al paese ed osservando verso il fronte della vallata si può ammirare il grande costone roccioso delle Rocche preistoriche. Altissime e ripide, queste montagne sono costellate da caverne scavate nella roccia e da buche che probabilmente hanno accolto le tombe di gente dell’età preistorica. Ma al di là del dato storico, scalare questo costone di natura è un’esperienza tonificante per l’anima e anche il corpo. La macchia mediterranea si è mantenuta inalterata e originale e infatti, non prima di essere giunti nel pianoro sottostante, dal quale si può avere una visuale completa del paese di Pietraperzia, si inizia una scalata tra cespugli di ginepro, euforbia, mirto, alaterno e così via. Giunti alla metà del costone si iniziano ad intravedere le prime buche nella roccia che vanno a formare delle enigmatiche caverne collegate tra di loro da strettissimi corridoi. Giunti poi nel pianoro vicino alla sommità ci si può riposare per recuperare le forze e per prepararsi ad affrontare una delle imprese più emozionanti: raggiungere il così detto “occhio della balena”. Assomigliante al mammifero marino nella forma, esso non è altro che una grossa cava nella roccia sulla cima del costone più alto. Si raggiunge con fatica ma il tutto viene ripagato da un’aria frizzantina e da una vista memorabile dalla quale è possibile anche vedere la città di Enna. Furono proprio questi costoni di roccia bucherellati da tombe preistoriche e caverne a dare il nome al paese di Pietraperzia che deriva per l’appunto dal dialetto siciliano “Petri perciati” che significa “pietre forate”.

Balate – Donna Ricca – Rancitito


Il seggio rituale a più posti, già incontrato a Cirumbelli, è presente anche a Favolisi, a Tornambè  - Fastuchera, è presente  a Balate nella sua più compiuta espressione. I due scanni laterali, sovente a sbozzo sommario su un sol lato, sono qui simmetrici e separati da corposi braccioli di mirabile plasticità.
Fronteggia una pianura rivolto a sud ed è ricavato in un banco roccioso che comprende la fondazione di una grande capanna circolare, mentre il villaggio si sviluppava ad est, lungo un rivolo ora asciutto, ed una necropoli vastissima occupa poco a nord l’ acrocoro di Rancitito.

Mansio Romana di contrada 


 Pur essendo un sito archeologico di rilevante importanza, la mansio romana di contrada Runzi di Pietraperzia, è poco pubblicizzata e altrettanto poco conosciuta dagli appassionati di archeologia.
Il sito attualmente è in fase di pulitura dalle erbacce, ma sarebbe opportuno completare gli scavi,  consolidare e preservare ciò che è affiorato, giusto per capire se si tratta di una delle mansio romane citate nell'Itinerario Antonino.Gli antichi scrittori identificavano Pietraperzia con Calloniana che era appunto una di queste mansio.

La Piramide



Pietraperzia è un bel paese e la sua particolarità più forte è quella di stagliarsi in cima ad un’alta collina dalla quale domina tutta una vallata verde solcata dal fiume Salso. Una posizione che, circa 5000 anni fa, gli diedero i Sicani, indigeni di Sicilia, a cui sicuramente piacque la fertilità dei luoghi e la possibilità di grandi pascoli per i loro bestiami. La presenza di tali uomini antichi è testimoniata da ben 50 siti preistorici tra i quali la misteriosa “piramide” di Cerumbelle. La posizione del sito archeologico è poco fuori la cittadina e bisogna sicuramente munirsi di grande volontà, acqua e scarponi. Dopo aver percorso una strada in mezzo a distese di campi di grano si giunge in una piana dove la piramide domina incontrastata con i suoi 12 metri di altezza, 55 metri di lunghezza e 30 di larghezza. Un silenzio suggestivo l’avvolge e quando ci si avvicina si sente tutto il peso dei secoli. La piramide ha una struttura collinare e piramidale ed è formata da tre strisce di gradoni al di sopra dei quali si presentano degli ambienti delle strutture monolitiche. Una sorta blocco di pietra, a forma di “divano”, è ritenuto dagli archeologi una sorta di altare sacrificale. I gradoni sono per di più solcati nella loro metà e in tutti e quattro i loro lati da quattro sottili strisce di gradini che corrispondono, dati gli studi scientifici, ai quattro punti cardinali,  sembra che la piramide risalga all’età neolitica e che fosse un’antica sede di culto del sole dei siculi e sicani, paragonabile ad una ziggurath mesopotamica.
Affascinante esempio di archeologia preistorica, è unica l’emozione che concede per chi ha l’ardire di raggiungere la sua vetta dalla quale ci si può beare di uno spaccato paesaggistico impressionante.
La piramide non è il solo sito archeologico della zona, ma sicuramente doveva fare parte di un villaggio siculo-sicano, perché pochi metri più avanti è possibile intravedere i resti di abitazioni neolitiche.

Altri insediamenti preistorici: Cozzo delle graste, Marano, Favolisi, Arceri, Zubia, Canneto, Vigna d’Ascari, Petrificili, Marcato del Re, Scarcedda, Mandraforte, Scalazza, Sbenta, Serra di Mezzo, Monte Cane, Caprarotta, Cialandria, Parcazzo, Donna Candida, Castello, Saraceno, Azalora, Camercia, Ranfallo, Marcato Bianco, Portella di Matteo, Pileri, Casazze, Fiumara, Menta – Rastello, Pirito, Cozzo della Valle, Santa Lucia – Don Cola, Cava, Regaldesi, San Giovanni Petra di l’umu.

Archeologia Industriale

Miniera Canneto

La miniera, formata secondo consuetudine da innumerevoli concessioni, è attiva nel 1886, ma è probabile che fu disattivata agli inizi del secolo. Sita in prossimità di un bivacco utilizzato da pastori, comprende alcune costruzioni in pietra, cintate da muretti costituiti da pietra tirata a secco; conserva ancora integre alcune strutture e manufatti in pietra, e in particolare una serie di forni a batteria con le relative morti e alcune calcarelle.


Miniera di Montecane


La miniera, sita in contrada Montecane, è forse una delle più antiche della provincia di Enna. Si individuano i resti di tre concessioni, ed è ancora perfettamente integra una galleria semiverticale, vicina ad una ciminiera. Peculiare è la tipologia dei forni, che posseggono all’interno delle nicchie ricavate nella stessa pietra, con delle gallerie interne che mettevano in comunicazione fra loro le tre uscite corrispondenti ad altrettante morti. Venne con molta probabilità disattivata agli inizi del secolo.


Bocca della fornace

Miniera Musalà

La miniera è sita nel territorio del Comune di Pietraperzia, in contrada Musala. Dagli elenchi forniti dallo Squarzina e aggiornati al 1884 sappiamo che alla fine del secolo scorso era inattiva. Negli anni ’60 passò all’E.M.S., ma venne poi disattivata dopo pochi anni. E’ peculiare la tipologia dei calcheroni, collegati fra loro da un camminamento interno e che si conservano ancora in discreto stato. Fra gli altri manufatti si conservano ancora il pozzo di riflusso per la circolazione dell’aria e il pozzo, ancora integro ma coperto per motivi di sicurezza con una gabbia di ferro e profondo circa 20-30 mt. Si conservano ancora, inoltre, alcuni carrelli,compressori e picconi.

Fornaci di Gesso



Nella Sicilia dell’altopiano solfifero le superstiti strutture delle “carcare” di Pietraperzia sono oggi un unicum dell’archeologia industriale nell’estinta civiltà mineraria. Ci sono voluti tre anni di misurazioni, rilievi fotografici, visure catastali, analisi sul regime dei suoli e delle acque per definire i confini e le proprietà da “vincolare”, per quella che può essere definita come dice Claudia Paterna “la vallata dei fornaci di gesso”, la più grande del mezzogiorno (circa 40 ettari).
In effetti le sagome dei quattordici grandi forni per la cottura del gesso, localizzati nella stretta valle del torrente Marano, a tre chilometri dal centro abitato di Pietraperzia, si presentano all’occhio profano come altrettante architetture nuragiche che destano sensazioni insolite in questa parte dell’isola.
Le fornaci in pietrame a secco fornivano la materia prima per la costruzione e la decorazione delle abitazioni o per la produzione di calce idraulica. L’imponente castello dei Barresi era costruito in solidi blocchi di gesso, per non parlare della casa del Governatore o delle vicine strutture delle zolfare di Montecane, Musalà e Canneto.
Oggi questa zona è sotto il vincolo della Soprintendenza di Enna.





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